IAP: concluso il primo round di monitoraggio dell’IM sui social da parte dell’Autodisciplina pubblicitaria
Come anticipato qualche mese fa, l’Istituto ha aderito a un progetto pilota, promosso e collegato all’associazione europea EASA, che riunisce le Autodiscipline pubblicitarie presenti nei diversi Paesi, che consente attraverso una piattaforma potenziata da algoritmi di intelligenza artificiale di monitorare contenuti di influencer marketing. Proprio in questi giorni la prima tranche del test si è conclusa e sono emersi dati che, senza pretesa di assoluta scientificità e in via sperimentale, pongono comunque spunti di riflessione interessanti. Ne ha dato notizia il Segretario Generale IAP Vincenzo Guggino nel corso dell’evento di UPA dedicato all’influencer marketing.
L’obiettivo era quello di verificare il rispetto delle regole di trasparenza alla luce del Codice e del Regolamento Digital Chart IAP.
La piattaforma ha consentito di prendere in esame una quantità di contenuti che senza procedure automatizzate non sarebbe stato possibile esaminare. Alcuni dettagli:
Sono stati selezionati 84.000 contenuti, tra post, video, reel, stories;
su tre differenti piattaforme: Instagram, Youtube e Tik Tok;
in due diversi segmenti temporali di 1 mese ciascuno;
generati da circa 450 creators, suddivisi in 3 categorie per numero di follower.
Da questa mole di dati, attraverso l’utilizzo di specifiche keywords, sono stati rilevati rispetto ai contenuti “organici” 2339 contenuti che potevano ritenersi in un modo o nell’altro pubblicitario. Tali contenuti poi sono passati al vaglio di un gruppo di lavoro di IAP la cui l’analisi ha portato a questi risultati cumulativamente considerati:
- il 73% dei contenuti pubblicitari presentava una disclosure corretta, volta a identificarli come tali;
- il 17% aveva una disclosure ma non inserita in modo corretto, perché non immediatamente percepibile o non adeguata;
- il rimanente 10% dei contenuti pubblicitari è risultato invece nettamente in contrasto con il Codice IAP, in quanto non riportava alcuna disclosure.
Quali prime conclusioni è possibile trarre in attesa di proseguire in seguito con questo tipo di monitoraggio?
Anzitutto sembrerebbe che il pre-giudizio secondo cui l’influencer marketing sia una sorta di “far west” sul piano della trasparenza si ritrova forse ad essere un po' indebolito da analisi come queste. I dati attestano, pur considerando il carattere sperimentale del monitoraggio, che vi è una diffusa consapevolezza sull’importanza di dichiarare la natura pubblicitaria dei contenuti. Una consapevolezza che riteniamo di poter affermare è cresciuta di pari passo alla diffusione e conoscenza della Digital Chart, visto che gli indicatori utilizzati coincidono nella stragrande maggioranza dei casi proprio con quelli suggeriti dal Regolamento Digital Chart, ad oggi la sola normativa specifica che disciplina il settore.
La percentuale dei messaggi scorretti o non ben segnalati suggerisce però che c’è ancora da fare, soprattutto sul piano della formazione, affinché ci sia maggiore padronanza degli strumenti della trasparenza indispensabili per qualsiasi iniziativa di comunicazione commerciale, e che vengano coinvolti operatori attualmente non associati allo IAP. E in questa direzione infatti l’Istituto si muove dando peraltro avvio a breve a una iniziativa di largo respiro in chiave europea.
L’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel sistema autodisciplinare come strumento di monitoraggio sarà sempre più necessario al fine di garantire anche nel digitale il rispetto delle regole sulla pubblicità e sarà pertanto necessario andare più a fondo nell’analisi, non solo in relazione alla riconoscibilità del messaggio, ma anche riguardo alla sua correttezza intrinseca alla luce del Codice IAP.