Su Best Movie di novembre la mitica sfida di Le Mans tra Ford e Ferrari. In più una storia inedita di 9 tavole di Zerocalcare
La storia vera della rivalità tra due marchi che hanno scritto la storia dell’automobilismo, Ford e Ferrari, è protagonista della copertina di Best Movie di Novembre. Matt Damon nei panni del preparatore Carroll Shelby e Christian Bale (che ci racconta la trasformazione fisica affrontata per il ruolo in un’intervista) in quelli del pilota Ken Miles fanno rivivere la storica vendetta della casa americana nei confronti del cavallino rampante in Le Mans ’66 - La grande sfida, film in cui si scontrano anche due differenti visioni del mondo sulla scia di Rush. Nel cuore della rivista (solo per la versione large) 16 pagine speciali dedicate a Zerocalcare, con una storia inedita di 9 tavole in cui recensisce tre film e una serie presentati al Festival di Venezia, oltre a raccontare il suo incontro con Paolo Sorrentino + La presentazione del suo nuovo libro La scuola di pizze in faccia del Professor Calcare + L’intervista Whatsapp a firma di Omar Rashid.
Una guida agli eventi del Lucca Comics and Games, manifestazione in cui potrete recuperare gratuitamente i nostri Speciali Best Movie Lucca Comics and Games 2019 (che verrà anche distribuito per le strade della città) e Movie for Kids (che troverete nell’Area Family). Oltre alle T-Shirt tematiche che potrete avere, se vi abbonerete alla rivista.
Zerocalcare sarà ospite il 31 ottobre mattina presso il nostro stand Gar 314 (in Corso Garibaldi) al Lucca Comics and Games per firmare le magliette.
Ha fatto gridare al capolavoro critica e pubblico all’ultima Festa di Roma The Irishman, il gangster movie di Martin Scorsese prodotto e distribuito da Netflix che vede protagonisti tre mostri sacri del grande schermo come Robert De Niro, Al Pacino e Joe Pesci. La sanguinosa vicenda di un sicario della mafia il cui destino si incrocia con quello del celebre sindacalista Jimmy Hoffa sullo sfondo di 50 anni di Storia americana.
In apertura della Festa capitolina è stato presentato Motherless Brooklyn, il cui regista e interprete Edward Norton ci racconta la lunga lavorazione e come si è preparato a portare sullo schermo un detective affetto dalla sindrome di Tourette.
Nello speciale Instastar raccontiamo i divi più seguiti su Instagram, i segreti per un profilo di successo e come le star emergenti utilizzano questo social.
Grande spazio al cinema italiano con la controcover dedicata a Cetto c’è, senzadubbiamente, in cui Antonio Albanese – che ci svela in un’intervista a che scopo è voluto tornare nei panni del suo iconico personaggio – è nuovamente Cetto La Qualunque, in questo episodio spinto dal desiderio di riportare in auge la monarchia. Gli autori di Sono solo fantasmi, la nuova commedia diretta e interpretata da Christian De Sica, ci raccontano com’è nato il Ghostbusters italiano.
Nel film Netflix L’uomo senza gravità Elio Germano è un giovane uomo capace di fluttuare in aria sfuggendo alle leggi della fisica.
Vincenzo Alfieri porta al cinema Gli uomini d’oro, storia vera di una rapina di fine anni ’90 con Giampaolo Morelli, Edoardo Leo e Fabio De Luigi.
Nella sezione Screen raccontiamo tutte le novità di novembre a livello di serie Tv, con in più un approfondimento su The Witcher. Le principali uscite Home Video, da La bambola assassina a Hotel Artemis; mentre nella sezione Best Games facciamo il punto sui giochi ispirati a Star Wars in occasione dell’uscita di Jedi Fallen Order. Recchioni nella rubrica A scena aperta analizza una sequenza di Profondo rosso, mentre per i fumetti parliamo di Uomini ma straordinari di Altan.
ECCO UN ESTRATTO DELL’INTERVISTA A CHRISTIAN BALE, REALIZZATA DA ELISA LEONELLI
Che cosa ricordi di quando avete girato la scena in cui tu e Matt vi prendete a cazzotti?
«La cosa divertente è stata che io arrivavo da parecchi film di Batman, mentre Matt ha imparato a combattere nei film di Jason Bourne e dovevamo invece prenderci a botte in un contesto assolutamente opposto. Tutti i combattimenti raccontano una storia, ma questo forse più di ogni altro. Alla fine sono due persone molto differenti che non si sopportano, ma non vogliono nemmeno farsi del male, così abbiamo iniziato a fare a pugni, ma si è trasformato in un momento imbarazzante, perché faceva male davvero. Ai tempi in cui stavamo girando ero veramente magro, con due gambe da pollastro, che spuntavano dagli shorts da ginnastica. Mentre Matt era decisamente più grosso, poteva tranquillamente portarmi sulle spalle. È stata una scena molto divertente da girare, sia per noi sia per la crew».
Hai dovuto perdere molto peso per interpretare Miles, oltretutto dopo essere ingrassato per il ruolo di Dick Cheney in Vice, come ci sei riuscito?
«Ve lo spiego in quattro parole: mangiare meno, impegnarsi molto. Sfortunatamente è l’unico modo. Ma è stato anche salutare in un certo senso avere delle deadline da rispettare per dimagrire, altrimenti avrei rischiato un infarto o peggio. Perdere tutto quel peso velocemente è stata un’ottima cosa. Miles era uno molto avanti per l’epoca in termini di attenzione per la salute, si preparava correndo e facendo molto esercizio. Era un inglese ossuto, anche a causa della guerra. Mi sono dovuto trasformare completamente».
Crescendo sei diventato un fan delle corse automobilistiche, lo eri anche prima di girare questo film?
«Sono stato sempre un amante delle gare ma in maniera nostalgica, più che altro ho il ricordo di me e di mio padre che guardavamo speso le gare di F1 insieme. Una volta mi ha portato a Brands Hatch e mi ricordo che seduti sul prato abbiamo visto piloti del calibro di Niki Lauda, Alain Prost, Ayrton Senna… Mi ricordo che da bambino ne ero affascinato, era un mondo che mi appassionava parecchio».
ECCO UN ESTRATTO DELL’INTERVISTA A EDWARD NORTON, REALIZZATA DALLA REDAZIONE
Il tuo film contiene un messaggio politico?
«Penso che il genere noir porti sempre con sé un certo tipo di commento politico, perché mostra cosa si nasconde dietro le apparenze, esplora gli aspetti più bui della nostra società. Motherless Brooklyn racconta la storia segreta della moderna New York, con il suo razzismo istituzionale e la devastazione della vecchia città, dai quartieri poveri alla stazione ferroviaria di Penn Station, demolita da una forza dispotica, nemica di tutto ciò che pensiamo definisca i principi della democrazia americana. La corruzione e il razzismo di allora sono penetrati nel tessuto della New York di oggi».
Brooklyn è uno dei personaggi del film: cosa ha significato ricreare quella degli anni ’50?
«Mi sono affidato a grandi professionisti, come il direttore della fotografia Dick Pope, con cui avevo già lavorato ne L’illusionista. Pope riesce ad evocare altre epoche senza far sembrare tutto un diorama. Abbiamo lavorato su grandi location, in strada, così che nessuno potesse accusarci di aver imbrogliato girando un film in costume dentro una stanza. La scena d’apertura è un adrenalinico inseguimento in auto: per farla abbiamo bloccato 15 isolati, è stato fantastico».
Per calarti in questo ruolo hai lavorato con persone affette dalla sindrome di Tourette?
«Sì, ho letto articoli e libri sul tema e mi sono documentato guardando molti documentari: alcuni sono davvero toccanti, specie quando parlano dei bambini che ne soffrono. La verità è che tutti noi conosciamo qualcuno con la Tourette, ma non lo sappiamo. Alcune persone sentono il bisogno di urlare, mentre altre mostrano sintomi lievi e magari hanno solo piccole contrazioni. Ogni individuo si esprime in modo diverso. Abbiamo mostrato il film in anteprima all’associazione dei malati di Tourette: la cosa più bella che ho letto è che i vari tic di Lionel hanno provocato contrazioni involontarie negli spettatori in sala. È una cosa che mi ha fatto sorridere parecchio, lo ammetto. E forse, chissà, è la prova che ho fatto un buon lavoro».
ECCO UN ESTRATTO DELL’INTERVISTA AD ANTONIO ALBANESE REALIZZATA DA EMILIANO DAL TOSO
Perché Cetto piace così tanto al pubblico e continua a durare nel tempo? Qual è il segreto che determina la fortuna di un personaggio tanto detestabile?
«Penso di avere un grande dono: non so fare le imitazioni. Cerco di costruire i miei personaggi in maniera solida, sperando che possano durare, senza fermarmi alla moda del momento. Ho cominciato a fare Cetto perché secondo me mancava nella comicità qualcuno che raccontasse un certo tipo di brutalità e di volgarità, una figura che mettesse insieme tante cose riprovevoli. Cetto è calabrese ma in realtà è un personaggio che si può ritrovare ovunque, anche a Bolzano. Penso che sia ancora attuale perché il malaffare e la furbizia continuano a persistere. Quando presentammo Qualunquemente al Festival di Berlino non c’era nessuno che rideva durante la proiezione. Finito il film, scoppiò un applauso incredibile, che è uno dei ricordi più belli della mia carriera. Prese allora la parola un tedesco amante dell’Italia che disse che non aveva mai visto niente di più traumatico e terrificante nella sua vita. Cetto è una radiografia del nostro Paese, va al di là della risata. In Italia abbiamo inventato la commedia dell’arte, non è un caso. Cetto continua a esistere perché sopravvivono i fondamenti della brutalità e dell’ignoranza che noi dobbiamo continuamente calpestare. In Italia riusciamo a farlo attraverso la comicità e le maschere. Ammetto che a volte mi vergogno di essere Cetto La Qualunque, però ha una sua forza sgradevole e mostruosa che è fondamentale. La commedia deve trascinare degli scheletri».
Un personaggio come Cetto La Qualunque ha una chiara formazione teatrale. Credi che sia riproponibile una comicità di questo tipo anche sul Web? Che cosa pensi delle nuove generazioni di comici che si formano tramite sketch puntando alla risata e all’approvazione immediata?
«Il Web ti permette di presentare immediatamente il germe della comicità e le ideuzze, senza svilupparle. Nella comicità invece deve esistere il confronto. Le cose più belle della mia carriera le ho coltivate interagendo con altri, mettendomi in relazione diretta con i colleghi e con il pubblico. Giorgio Gaber diceva che le cose belle nascono sempre in gruppo, grazie all’interazione. Se presenti subito una frase o una gag divertente, la bruci e diventa più difficile proseguire e lavorarci. I gruppi di giovani comici emersi dal Web negli ultimi anni possiedono un grande entusiasmo, e alcuni hanno senz’altro una buona preparazione tecnica dettata da una scolarizzazione. Però gli manca sempre quel pizzico di follia che si sviluppa e che cresce grazie all’interazione diretta, fisica con gli altri. La comicità è vita e cambia ogni giorno. Per starci dietro bisogna frequentarla, attraverso buone scuole e lavorando con le persone, autori, attori, spettatori, in maniera attiva. Se esponi subito il piccolo tormentone magari fa ridere oggi, ma domani non se lo ricorda più nessuno. Il tormentone è secondario, le priorità devono essere lo scheletro e la costruzione di un corpo e di un racconto. Il Web invece vive di tormentoni, ha estirpato mille talenti e li ha già prosciugati».
Non è un caso che ancora oggi gli sketch dei tuoi vecchi personaggi continuino a piacere e a far ridere.
«Certamente. Alex Drastico e Ivo Perego, per esempio, nascevano da una preparazione e da un ascolto diverso. Le battute di quei personaggi si sedimentavano, avevano bisogno di farsi conoscere, l’ossessione per l’immediatezza li avrebbe bruciati. Come attore ci mettevo molto tempo per costruirli. Consiglio sempre ai giovani di avere molta umiltà e pazienza, di non avere mai fretta. Il giovane comico deve partire dai fondamentali, perché poi quelli non li toglie più nessuno. Questa fretta e questo bisogno di un riscontro immediato stanno danneggiando il gusto e la meritocrazia, si sta perdendo la capacità di capire dove sta germogliando davvero un talento interessante».